RIFLESSIONE DEL PARROCO IN OCCASIONE DEL TE DEUM

RIFLESSIONE DEL PARROCO IN OCCASIONE DEL TE DEUM

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PARROCCHIA DI SANTA MARIA MAGGIORE – VASTO
RIFLESSIONE DEL PARROCO IN OCCASIONE DEL TE DEUM
31.12.2022
Anche quest’anno siamo arrivati a celebrare il Signore nell’ultimo giorno del calendario civile. Perché siamo qui? Perché ci rendiamo conto – me lo auguro – che vivere non è scontato. Esserci per noi che frequentiamo la Chiesa, è un dono di Dio. Ci sono, oggi, ma non sono padrone del tempo e, concludendo il 2022, dovrei con umiltà imparare a dire grazie a Qualcuno. Ci fa bene perciò fermarci ed esercitare la virtù della gratitudine per poi chiedere perdono di ciò che non ha fatto crescere la vita in noi e negli altri e infine invocare l’aiuto di Dio per agire meglio per il futuro. Gratitudine, perdono e soccorso. Seguirò questo schema durante il mio intervento che non ha la pretesa di esaustività ma il desiderio di offrire una riflessione a partire da una tradizione bella e feconda qual è l’appuntamento del Te Deum a Santa Maria Maggiore.
Quante cose diamo per scontate che non trovano ancora il nostro grazie? Ogni giorno dovremmo esercitarci nel dire grazie a qualcuno, perché povero è l’uomo che crede di “farsi da solo” e di bastare a se stesso, misero è quel mortale che non sa riconoscere che tutto è un dono che potrebbe essergli tolto da un momento all’altro. Davvero meschino è quel cuore che non sa essere riconoscente. Noi, però, vi prego, almeno noi, questa sera ammettiamo di aver ricevuto tutto dalle mani di Dio, quel Dio che vogliamo adorare presente nel Santissimo Sacramento con le prime parole dell’Inno “Noi ti lodiamo Signore” perché tutto da te riceviamo e Tu sei l’unico Signore, “Colui che era, che è e che viene” (Ap 1,4).
In primo luogo, questo antico canto ci impone una lode grata a Dio. Oltre che per la vita, oltre che per il tempo che ci è stato offerto e di cui non siamo mai padroni, mi permetto di ricordare alcuni motivi di gratitudine per l’anno appena trascorso, che richiedono misericordia per le nostre “distrazioni” e poi impegno per un vero rinnovamento.
Ringraziamo come comunità civile ed ecclesiale il buon Dio per il dono della libertà di pensiero e per la dignità della persona umana. Sappiamo che questi valori sanciti dalla Costituzione hanno una radice ebraico-cristiana, visto che nella Sacra Scrittura l’uomo – creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26-27) – è lasciato libero di accogliere o rifiutare l’Amore e di usare bene o male la sua libertà. Il libro del Deuteronomio ricorda al popolo: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male…” (Dt 30,15) prendi le tue decisioni assumendoti le tue responsabilità; così come nei Vangeli, Gesù mai costringe a seguirlo, “Se qualcuno vuole venire dietro a me…” (Mt 16,24). Proprio nel nostro Occidente il cammino del pensiero è arrivato a riconoscere la dignità del Corpo di Cristo in cui tutti siamo membra importanti come ricorda la Lettera a Galati: “Tutti voi, infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù…non c’è Giudeo né Greco, non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù…” (Gal 3, 26.28); siamo insomma tutti fratelli. Eppure nella storia, passata e recente, non abbiamo saputo rispettare il comandamento della vita e della fraternità. Dovremmo ringraziare il Signore visto che Egli ha scelto gli ultimi perché imparassimo ad accogliere tutti e a rispettarci nelle nostre diversità, imparando anche dai poveri, facendoci anche noi poveri con i poveri. Ma dobbiamo ammettere che non sappiamo ancora amare e neppure accogliere la buona notizia del Vangelo: l’altro infatti non è un oggetto da possedere, usare, buttare o distruggere quando non corrisponde alle mie aspettative. Il Vangelo ci ricorda che si ama quando si cerca la gioia del prossimo e si fa crescere la vita nell’altro. Eppure le notizie di violenza o di femminicidio ci ricordano che non abbiamo ancora conosciuto l’amore. Le immagini che riducono il corpo femminile e maschile a merce come esca commerciale concentrano l’attenzione su modelli che accendono desideri forti, ma passeggeri perché effimeri. Non abbiamo ancora accolto il Vangelo quando non ci impegniamo a costruire legami fondati sul rispetto della persona nella sua interezza, e non semplicemente come preda desiderata per quello che mi può dare. No, non abbiamo ancora conosciuto l’amore quando seguiamo questa mentalità che ci porta a credere che tutto si debba ottenere o pretendere perché “io posso e io voglio”.
L’uomo e la donna non sono oggetto, ma quando lo capiremo? Tutto questo ce lo ricorda con forza il Vangelo che ha nutrito la nostra cultura (non si dimentichi che Gesù rifiuta la lapidazione della donna sorpresa in adulterio), ma anche le giovani dell’Iran che si ribellano ad una mentalità in cui il regime impone una sottomissione violenta, così come i docenti dell’Afganistan che si dimettono dalle università in cui non possono più accedere le donne. Allo stesso modo i tanti educatori che nella nostra Italia e nella nostra Città cercano di nutrire la mente con esperienze didattiche integrali che, forse, non fanno rumore ma che piano piano gettano un seme di speranza nel cuore dei ragazzi.
E noi qui, oggi sappiamo accorgerci del potenziale culturale offerto dal Vangelo, sappiamo avere uno sguardo critico sui messaggi diseducativi che riducono l’uomo e la donna a modelli di successo, sempre brillanti e sempre perfetti esteticamente, ma ansiogeni per adolescenti e giovani? Sappiamo testimoniare con le nostre scelte la bellezza per il nostro esserci, così unici ed irripetibili, chiamati a custodire la convivenza civile e ancor di più la comunione tra noi attraverso relazioni umane? Le guerre nel mondo, nelle famiglie, nei condomìni, nelle città nascono sempre dalla mancanza di rispetto verso chi si ha di fronte, lasciando vincere la paura sul dialogo e la conoscenza. Fra poco canteremo: “Soccorri i tuoi figli Signore”, sì… soccorrici Signore.
Un altro motivo di gioia per il 2022 è la ripresa delle relazioni sociali con maggiore serenità. È vero che non siamo ancora liberati dalle varianti del virus ma certamente le stiamo affrontando con maggiori strumenti e conoscenze; abbiamo riscoperto la gioia di poter respirare senza mascherina, di poter partecipare alle celebrazioni eucaristiche con maggiore tranquillità. Ma quanti di noi sanno rallegrarsi di queste esperienze? Quanti del dono di un semplice ma vero abbraccio o di una cena con gli amici? Credo sia fondamentale prendere coscienza di questa “fortuna” – anche grazie alla ricerca della scienza medica– nel aver superato una fase acuta della pandemia. Ma anche qui, oltre che dare per scontate alcune libertà ritrovate, rischiamo di ricadere in uno stile di vita superficiale. Qua e là si cerca di dimenticare senza imparare, si prova a tornare alla “vita di prima” senza scoprire la ricchezza della umanità che va sempre alimentata, perché fragile in sé. Mi spiego meglio: le cose più belle della vita sono quelle gratuite e non la corsa ai beni di consumi; sono le relazioni autentiche e consolidate che ci sostengono nel futuro e non certo lo sballo della ricerca egoistica del piacere e del successo, fondato sulle mode del momento. La moda, per definizione, è mutevole e senza radice, ma senza quella stabilità non si attinge linfa dal terreno. Apprezzare di più gli affetti, custodirli e alimentarli, gustare il dono della famiglia, rallegrarsi per ogni piccolo dono della vita, lodare Dio per la bellezza del creato, nutrire la mente di buone letture e ravvivare l’anima con l’arte e la preghiera sono vie di gioia che riempiono di senso. Ma pochi sanno nutrire l’anima e riflettere, troppi si lasciano stordire a caccia di emozioni forti e passeggere.
Signore perdonaci per la nostra poca memoria, perdonaci se non siamo in grado di imparare dalle sconfitte, perdonaci per la nostra superbia che non ancora si arrende all’idea che l’uomo è come un soffio (Salmo 144) e che un invisibile virus lo può ancora distruggere. Ma salvaci con la tua Tenerezza che ci ricorda che ogni giorno è un’occasione per ricominciare a dirci la verità sulla nostra vera via di vita che è l’amore per il prossimo, per il creato e per noi stessi, imparando a custodire le relazioni e fare del mondo una vera famiglia.
Un ultimo motivo di gratitudine che, come sempre, invoca perdono e grazia è il dono dei ragazzi e dei giovani. Le vere rivoluzioni sono fatte dai giovani, che generalmente nel DNA hanno coraggio e sete di vita. Anche nella nostra Città abbiamo dei giovani meravigliosi, ci sono ragazzi che riconoscono di aver ricevuto tutto dalle loro famiglie e sanno esprimere un potenziale di fantasia al servizio del bene. La nostra stessa Comunità di Santa Maria, come le diverse comunità parrocchiali, può vantare un numero di ragazzi e giovani entusiasti e innamorati delle cose belle e buone. Le scuole della nostra Città sanno sorprenderci per le iniziative che si portano avanti al servizio della cooperazione, della conoscenza del territorio, dell’inclusione, ed è senz’altro cresciuto – nelle nuove generazioni – l’attenzione ad una economia sostenibile e alla custodia del Creato. Insomma, chi parla male dei giovani generalizza e non sa guardare la generosità dei loro cuori e la tanta energia che mettono al servizio dell’amicizia, della collaborazione e di un futuro migliore di come lo stiamo “processando” noi. Anche su questo dono, però, seguendo le parole del Te Deum, abbiamo da chiedere misericordia, perché le inconsistenze che rileviamo nei giovani sono frutto dei vuoti di noi adulti, e le aberrazioni che a volte li vedono protagonisti – con clamore mediatico – dipendono dalla nostra incapacità di educare al limite.
Dobbiamo tutti chiedere perdono perché siamo generalmente d’accordo sui principi, sulle scelte ecologiche, sul rispetto delle diversità, sulle opportunità da offrire a tutti, ma quando poi occorre cambiare qualcosa del proprio stile di vita ci adagiamo, tornando alla comode abitudini di prima, senza porci mai un limite. Giovani e non, avvertiamo il bisogno di una Grazia speciale, quella della fedeltà al Vangelo, alla parola data e agli impegni presi per un futuro migliore. I giovani sono molto esigenti con gli adulti e fanno bene, ma anche noi dobbiamo spronarli a credere che senza il loro coinvolgimento – e il loro sacrificio – un cambiamento non avverrà mai. Possiamo e dobbiamo insegnare loro che confidare nel Signore aiuta a vincere le paure del futuro e a crescere nell’autostima. Di questa testimonianza hanno bisogno le nuove generazioni, e non di adulti che li giudichino a volte persino con disprezzo.
Sostienici, Signore, nell’affiancare e facilitare il cambiamento del futuro offrendo ai giovani delle solide basi culturali che permettano loro di prendere il volo senza rinnegare la loro fragilità: “Pensare di proteggere sino a negare la loro fragilità, è come negare la loro umanità…il nostro vocabolario si è arricchito, negli ultimi anni, della parola atelofobia, il timore ossessivo si essere imperfetti. La paura di non essere mai abbastanza”. (Cristina Dell’Acqua, I ragazzi, i miti, la realtà. Il regalo per se stessi è l’autostima in Corriere della Sera, 28712/22 p. 26). Ma non può essere così, perché la vita concreta è fatta di imperfezioni, e beati noi adulti se sappiamo rialzarci con le nostre imperfezioni ed insegnare questa nobile arte ai piccoli. Perdonaci Signore per quelle volte che abbiamo rinunciato al nostro ruolo pensando comodamente di non poter far nulla contro la mentalità corrente, o che bastasse “Dottor Google” ai nostri figli perché trovassero le risposte alle domande più difficili o imbarazzanti. Ma soccorrici Signore!
Oggi vogliamo ripartire con il piede giusto ricordando a noi stessi che ci sono degli atteggiamenti che dobbiamo imparare gli uni dagli altri, sul campo: i giovani da noi e noi da loro, con fiducia. Se il “Cogito ergo sum” di cartesiana memoria è stato fondamentale per il pensiero umano, oggi «…sembra interessante quello che aveva proposto il filosofo Jean Luc Nancy, quando ha sottolineato la necessità di coniugare “l’ego sum” con “l’ego cum”… », (Gianfranco Ravasi sul Corriere della Sera del 23/12/22 p. 34), tornando quindi alla riflessione sulla relazione. Per questo, abbiamo bisogno ancora di adulti non rinunciatari e quindi significativi!
Signore, sostienici in questo cammino in cui possiamo imparare dai giovani a non soffocare i sogni di bellezza e di giustizia e, nello stesso tempo, ad insegnare loro come si ama responsabilmente, come si rimane al proprio posto anche nei momenti difficili, come ci si rialza dopo le cadute, come si soffre con dignità, sapendo morire amando e servendo la vita, uniti a Te Gesù, Crocifisso e Risorto. Fa che non smettiamo di annunciare quella bellezza che rimane oltre la gioventù e che si nasconde nell’anima di chi sa scegliere il bene e la fedeltà all’amore. Una bellezza con tutte le sue rughe.
In questo anno, probabilmente diversi ci hanno lasciato e – personalmente – ricordo nel cuore e nella preghiera le persone belle che mi hanno dato testimonianza di fede, di amore alle loro famiglie e di fedeltà alla loro vocazione e missione. Ricordo quelle donne e uomini che hanno creduto nella vita anche quando si affacciava una terribile malattia, quegli anziani che mi hanno raccomandato quella robustezza nella vocazione di prete dandomi l’esempio di grande donazione nelle proprie solitudini, quelle donne e uomini che hanno narrato con l’esempio il loro orgoglio per i figli e i nipoti, quei sacerdoti che sono stati contenti del servizio svolto nelle comunità parrocchiali. Come non ricordare l’esempio di Papa Benedetto XVI morto proprio oggi, con il suo stile caratterizzato dalla riflessione, dal dialogo con la cultura e dalla libertà anche dall’esercizio del potere. Nel nostro piccolo, desidero fare memoria anche del caro Mons. Giovanni Pellicciotti, della vicina comunità di San Giuseppe a Vasto, con il suo bellissimo testamento spirituale carico di umile verità e di gioia sacerdotale. Di questi adulti i nostri giovani hanno bisogno, e Dio certamente si rallegra e benedice l’incontro generazionale.
Soccorrici Signore con la tua Grazia perché possiamo ritrovare in Te la speranza di continuare a seminare bene nei cuori dei giovani accogliendo la Tua Parola che sempre ci provoca ad essere umili cercatori di Bellezza, sapendo che la vera libertà non è solo “da qualcuno” o “da qualcosa” ma è sempre “libertà per”, per un servizio alla vita che si riversa sugli uomini, di ogni generazione e di ogni vocazione. Concludo con una preghiera di San John Henry Newman:
Signore, fa’ di me ciò che vuoi!
Non cerco di sapere in anticipo i tuoi disegni su di me,
voglio ciò che tu vuoi per me.
Non dico:
“Dovunque andrai, io ti seguirò!”,
perché sono debole,
ma mi dono a te perché sia tu a condurmi.
Voglio seguirti nell’oscurità,
non ti chiedo che la forza necessaria.
O Signore, fa’ ch’io porti ogni cosa davanti a te,
e cerchi ciò che a te piace in ogni mia decisione
e la benedizione su tutte le mie azioni.
Come una meridiana non indica l’ora se non con il sole,
così io voglio essere orientato da te,
Tu vuoi guidarmi e servirti di me.
Così sia, Signore Gesù!
Immagini di Nicola Cinquina

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