L’Arcangelo Michele, Custode delle nostre anime

L’Arcangelo Michele, Custode delle nostre anime

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A conclusione della novena di preparazione alla festa dell’Arcangelo, dopo aver meditato sul tema: “Non Lasciatevi rubare…”, chiediamo, entusiasti, fiduciosi, gioiosi e speranzosi all’Arcangelo Michele di lottare con noi e di custodire le nostre anime dal male. È la grazia che tutti vogliamo chiedere alla luce delle catechesi tenute a Santa Maria Maggiore dai diversi parroci della Città accompagnati da una rappresentanza delle loro comunità parrocchiali.
Da mercoledì 20 settembre a giovedì 28 il ritornello “Non lasciatevi rubare…” è stato il canto fermo del nostro ritrovarci arricchito dai diversi contrappunti e colori dei relatori. Che cosa, dunque, un buon cristiano non deve lasciarsi rubare? Ci sarebbe un elenco lungo da fare, quasi un promemoria per allenare lo spirito a non lasciarsi rubare le virtù. In definitiva, piccole ma vivaci pennellate hanno dato colore alle tematiche trattate. La prima dal titolo “Non lasciatevi rubare l’entusiasmo della missione” è stata un vero e proprio invito a non lasciarsi sottrarre dall’Oppositore (il Diavolo) l’entusiasmo nel portare Cristo ai fratelli che incontriamo per strada, al lavoro, in famiglia e in comunità. Il Diavolo infatti è “ladro e brigante” (Gv 10,1). Se abbiamo nel cuore la gioia di quell’incontro non possiamo restare fermi e attendere che le cose migliorino da sole: come gli Apostoli, anche noi pieni di entusiasmo, dobbiamo partire per annunciare la gioia del vangelo.
Seconda pennellata: “Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione”. Il cristiano vive nella gioia e non si lascia avvitare dalla tristezza, sentimento animato da una vita viziosa. Il vizio ci illude di essere felici ma nasconde una felicità effimera; la vera gioia è quella che nasce da una vita virtuosa, la vita di un vero cristiano si fonda sulle virtù e non sui vizi; questi ultimi, infatti, ci rubano la gioia e ci rendono schiavi.
Terza pennellata: “Non lasciatevi rubare la speranza”. Nello spezzare la parola per noi, si è ribadito più volte che la Speranza ci appartiene, essa è condizione tipica dei cristiani, mi piace riportare una affermazione del sacerdote salesiano: “Che bella cosa la speranza fondata sulla vita eterna!”. La speranza è “dono grande da difendere…non possiamo permettere a nessuno di rubarcela”. Per conservarla però bisogna avere fede salda, fiducia in Dio e avere tanta pazienza guardando a Cristo nostro unico Maestro. Per non lasciarci rubare la Speranza il nostro sguardo deve essere sempre fisso sul Crocifisso. L’omelia poi si è conclusa con il racconto del dialogo tra don Bosco e mamma Margherita, quando ella si lamenta del fatto che i ragazzi continuino a rubare tutto in oratorio; a quelle parole Don Bosco rispose semplicemente invitando a guardare il Crocifisso, derubato di tutto. Solo guardando il Crocifisso non ci lasceremo rubare la speranza!
E ancora “Non lasciamoci rubare la comunità”: custodiamo la gioia di vivere e di fare della nostra vita un dono per gli altri, come afferma il Papa nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium n. 92: “Coloro che vivono una vita comune, vivono l’obbligo del dono, la legge del dono, che non significa tanto una costrizione o l’obbligo di dover donare qualcosa, quanto l’esigenza di uscire da sé per donare se stessi, per fare di se stessi e della propria vita un dono”.
Le pennellate si susseguono assumendo una tonalità più intensa. Ma allora un cristiano può rinunciare alla cena del Signore? E’ così che mi piace presentare la tematica “Non lasciamoci rubare la domenica”. La domenica è fondamentale, proprio perché ci fa riscoprire la gratuità del dono di Dio, dell’amicizia gratuita con Dio. Questo è il giorno in cui la Chiesa si ferma e ci fa riscoprire quelle relazioni fra noi e, in modo particolare, quelle verso chi non ha nulla da darci in cambio, i rapporti “non retribuiti”. A tal proposito, il parroco, cita sant’Ambrogio secondo il quale Dio durante la creazione non si riposa, se non nel 7° giorno dopo aver creato l’uomo: Egli può riposare perché ha trovato qualcuno al quale poter finalmente rimettere i peccati. Dobbiamo dunque vivere Il giorno del Signore con gioia e misericordia per evitare di sciupare tutto. Occorre imparare dai martiri di Abitene del 303 d.C. a desiderare la Cena del Signore e a gridare a tutti: Sine Dominico non possumus, senza la Domenica non possiamo vivere, senza l’Eucaristia la vita perde senso.
Altra tematica trattata: “Non facciamoci rubare il vangelo”. L’omelia è cominciata con un interrogativo, al quale, si è cercato di dare una risposta seguendo anche un excursus di carattere storico-sociologico. Si affaccia l’interrogativo: “Perché si crede così poco alla parola che salva? Forse perché anche noi oggi, come i discepoli di Emmaus, usiamo il verbo sperare all’imperfetto – speravamo – e non al presente? L’uomo di oggi è a corto di speranza e i cristiani devono esorcizzare tutto questo con il mandato del Vangelo: abbiamo una grande responsabilità, siamo comandati a sperare siamo chiamati ad essere uomini e donne di speranza. Dunque, il nostro essere cristiani si misura su una domanda: che cosa credi e in che cosa speri? Come i discepoli di Emmaus dopo l’incontro con il Risorto culminato con lo spezzare del pane, ciascuno di noi dovrebbe mettersi in cammino, quasi incredulo del dono straordinario ricevuto, consapevole di dover riferire agli altri ciò che è accaduto lungo la via. Il parroco, conclude, citando un icona sul “vangelo” avanzata dal cardinal Martini ripresa dal Salmo 131, il vangelo è come un bambino svezzato in braccio alla sua mamma, un icona di infinita dolcezza e tenerezza che ci suggerisce il senso di abbandono e di fiducia. Questo rapporto di familiarità con il vangelo è sinonimo di amore e affetto verso la chiesa.
Di sera in sera le tonalità diventano più calde si arriva così alla tematica: “Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno”. Per parlare dell’amore fraterno, non possiamo non dirci quanto importante sia la legge dell’amore e quanto ci faccia bene Amare. Che cosa significa Amare? Possiamo definire questo verbo come amava definirlo don Tonino Bello : “Amo voce del verbo morire”. Quando amiamo doniamo tutto di noi stessi e ancora, per citare Sant’Agostino, l’amore non ha misura proprio perché “la misura dell’amore è amare senza misura”. Il senso della fraternità è riportato nei versi del Salmo 132: “Ecco, com’è bello e dolce che i fratelli vivano insieme!” Così si spiega quanto nella fraternità vi sia bellezza, dolcezza ed anche gioia. L’amore fraterno ci rende custodi del fratello, a tal proposito si pensi alla risposta che fa Caino a Dio, su suo fratello Abele: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Questa risposta in coscienza ci interroga ancora oggi un po’ tutti sulle volte che ci verrà chiesto conto del fratello verso il quale non ci sentiamo custodi. Bisogna insomma imparare ad amare da Gesù unico nostro modello, lui stesso ci ha lasciato il comandamento nuovo: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”, questo fa il discepolo di Cristo: Ama. Se ami, Dio ha messo il suo amore nel tuo cuore, così che tu possa riversarlo sui fratelli. Fin tanto che c’è un frammento d’amore tra di noi, Dio è vivo ed è Risorto. “Amare è un desiderio ed un bisogno: senza amore viviamo male, perché l’uomo da sempre ha sete d’Amore”.
Altra tematica: “Non lasciatevi rubare la forza”. La parola spezzata per noi sulla forza parte dall’iconografia del Arcangelo Michele, rappresentato come guerriero, Egli ci insegna che il Signore ci è vicino ed è la nostra forza. Lo stesso San Paolo ci ricorda che proprio quando si è deboli che si è forti, poiché la vera forza proviene da Dio. La forza che viene dal Signore ci fa vedere infatti la sua mano proprio nella nostra pochezza, nella nostra debolezza, nella nostra inadeguatezza: tutti sentimenti che vengono a visitarci nei momenti di prova che il Signore stesso permette, donandoci però la forza e la grazia per superarli. In quei momenti Dio ci manifesta la sua grazia e ci ripete incessantemente: Io sono la tua Forza.
Siamo giunti ormai a quella che è l’ultima pennellata, di questo capolavoro, questa bella tela spirituale, realizzata insieme in questa novena, dove le pennellate si sono stagliate con tonalità intense risvegliando in noi la bellezza, la gioia e l’entusiasmo di una vita intrisa come lo è un pennello nell’unico colore che vorremmo stendere: quello dell’amore di Cristo che ci rende fratelli, comunità e missionari.
E allora non vi è conclusione più giusta che quella della tematica sulla Bellezza: “Non lasciamo rubare la bellezza”. Per cercare di capire la tematica, bisognerebbe rispondere a tre interrogativi: chi è la bellezza? Dove cercare la bellezza?Chi ci vuole rubare la bellezza? Procediamo con ordine la bellezza è Dio così come il salmista ci dice di voler abitare nella casa del Signore per contemplare la sua bellezza, anche San Francesco in una sua preghiera dice a Dio “Tu sei Bellezza”. Nel vangelo di Giovanni, Gesù stesso si definisce il bel pastore, Gesù è bello perché dà la vita per l’altro, la bellezza è Dio, è Gesù perché da la vita per noi. Quindi seguire Gesù è bello, seguiamolo sulla via della bellezza come la definisce il Papa nell’esortazione al n.167. La via della bellezza è quella che ci aiuta a trovare Gesù e nella storia nell’avvicendarsi dei vari linguaggi artistici; l’arte è stata ed è ancora uno strumento che ci aiuta a contemplare già ora la bellezza divina. Dobbiamo imparare a cercare la bellezza come un bravo restauratore, portando alla luce quella bellezza che si cela in ognuno, come amava dire don Bosco: in ogni giovane c’è un punto accessibile al bello. Il bello lo scopri nel fratello affamato, carcerato, malato, forestiero e nudo; per trovarlo a volte bisogna scavare a fondo. Infine l’uomo è creato a immagine di Dio, è quell’immagine riflessa della bellezza divina che si manifesta nella comunione fraterna. La bellezza ci viene rubata dalla non comunione, quando infatti ci facciamo prendere dalla gelosia rompiamo la comunione e ci facciamo rubare la bellezza. Quando ci facciamo prendere dall’egoismo o dalla superbia perdiamo la comunione e la bellezza riflessa del divino.
Invochiamo la protezione del nostro San Michele perché ci dia la forza che vene da Dio per vincere ciò che imbratta la bellezza della nostra opera d’arte, della nostra vita a immagine di Dio. Con San Michele combattiamo l’egoismo che imbratta la comunione fra noi e ci toglie la bellezza; con San Michele combattiamo la superbia che ci fa sgomitare tra noi e rompe la comunione; con San Michele combattiamo la sete di potere per metterci al servizio gli uni degli altri per far risplendere la bellezza di Dio nella comunione che viviamo all’interno delle nostre comunità e della nostra società.
Siamo arrivati alla pennellata ultima e con essa chiediamo a San Michele di aiutarci a dipingere il capolavoro delle nostre vite con i colori delle virtù. Fiduciosi nella lotta ricorriamo a te glorioso San Michele intercedi per noi dal Paradiso!

Lina Di Biase

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